Ravensburger ed il puzzle senza consenso
Nel 2009 Ravensburger, azienda tedesca leader nel settore dei giochi da tavola, realizza un puzzle di 1000 pezzi che riproduce l’Uomo Vitruviano. Eh sì, parliamo proprio del celeberrimo disegno a penna ed inchiostro di Leonardo Da Vinci, presente su tutte le monete da un euro e conservato (seppur non esposto) nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, al pari di altri beni artistici italiani.
L’azienda tedesca non si pone il problema della sussistenza di eventuali diritti sull’opera d’arte o comunque non se ne fa un cruccio. Fatto sta che il puzzle Ravensburger dell’Uomo Vitruviano è da anni venduto on line ed off line sia in Italia che all’estero al prezzo di circa 20 euro.
Fallito ogni tentativo di composizione bonaria della questione, le Gallerie dell’Accademia di Venezia portano in causa Ravensburger chiedendo il pagamento dei diritti per la riproduzione della nota immagine sul puzzle. Le norme invocate non sono quelle del diritto d’autore bensì gli art. 107 e 108 del Codice dei beni culturali e del paesaggio il cui combinato disposto vieta in sostanza la riproduzione a scopo commerciale dei beni culturali senza il preventivo consenso dell’autorità che ha in consegna i beni stessi e senza il pagamento dei canoni all’uopo prestabiliti.
La difesa dell’azienda tedesca si basa sull’asserita caduta in pubblico dominio dell’Uomo Vitruviano essendo decorsi oramai svariati secoli dalla morte dell’autore. Allo stesso tempo l’azienda non esclude l’eventuale pagamento del dovuto, ma solo per le vendite effettuate in Italia ove è in vigore il Codice richiamato.
Il 24.02 u.s. è stata resa nota l’ordinanza cautelare del Tribunale di Venezia che stabilisce che Ravensburger non ha alcun diritto di riprodurre l’Uomo Vitruviano su rompicapi, siti internet, canali social senza il consenso di chi lo custodisce. In particolare, ravvisando danno all’immagine nella riproduzione indiscriminata dell’opera d’arte, i giudici hanno disposto la condanna dell’azienda tedesca al pagamento dei diritti per l’utilizzo del disegno sul puzzle anche in riferimento alle vendite effettuate fuori dall’Italia, oltre ad una penale di 1500 euro a favore del Ministero della Cultura per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
La pronuncia in esame si pone in linea con alcuni decisioni antecedenti di pari tenore (e relative all’utilizzo non autorizzato delle immagini del Teatro Massimo di Palermo e del David di Michelangelo) ma nel contempo costituisce importante precedente in quanto condanna al pagamento dei diritti di uso un’opera d’arte italiana anche una società che ha sede fuori Italia e relativamente a vendite effettuate anche fuori dal territorio italiano.
Il tema è inoltre di rilevante importanza poiché riguarda la riproduzione di disegni, opere d’arte, beni culturali che non sono sottoposti ad un vero copyright ma sui cui esistono limiti di utilizzo equiparabili a quelli di tipo autoriale seppur derivanti da altre norme.